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Transizione 5.0: la svolta green e digitale per le imprese italiane, ma le PMI hanno sfide cruciali da superar

2024-10-01 09:34

Redazione

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Transizione 5.0: la svolta green e digitale per le imprese italiane, ma le PMI hanno sfide cruciali da superare

di GIORDANO GUERRIERI Presidente Comparto Federitaly Finanza e Mercati Il Piano Transizione 5.0 sembra offrire numerose opportunità alle aziende itali

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di GIORDANO GUERRIERI Presidente Comparto Federitaly Finanza e Mercati

Il Piano Transizione 5.0 sembra offrire numerose opportunità alle aziende italiane. Tuttavia, andando oltre la descrizione della misura di per sé, emergono sfide significative: la complessità degli investimenti iniziali e l'integrazione di nuove tecnologie pongono ostacoli non trascurabili. Senza una pianificazione strategica accurata e competenze specializzate, molte imprese potrebbero non essere in grado di cogliere appieno i benefici promessi, con il rischio di un divario crescente tra chi è preparato alla transizione e chi ne resta escluso.

Il Piano Transizione 5.0 è il primo in Europa a coniugare incentivi per la sostenibilità ambientale con l'innovazione digitale, e rappresenta sicuramente un’opportunità per le nostre imprese. Finanziato con 12,7 miliardi di euro per il biennio 2024-2025, di cui 6,3 miliardi dal programma RePower EU, questo Piano mira a promuovere l’efficienza energetica e l’adozione di tecnologie avanzate nelle aziende, con l'obiettivo di rendere l'economia nazionale più competitiva e sostenibile. Tuttavia, dietro la promessa di crescita e sviluppo, emergono sfide cruciali, soprattutto per le PMI che, per mancanza di un’attenta pianificazione strategica e del supporto adeguato, rischiano di non cogliere i benefici di Transizione 5.0.

 

 

Opportunità per le imprese: un futuro più sostenibile e digitale

 

L’obiettivo principale della Transizione 5.0 è facilitare una duplice trasformazione: green e digitale. Le imprese sono incoraggiate a investire in beni tecnologicamente avanzati e in impianti per l’autoproduzione di energia rinnovabile, con l'obbligo di ridurre i consumi energetici del 3% o 5%, a seconda degli interventi. Il Piano offre un credito d’imposta fino al 45%, volto a sostenere l’acquisizione di macchinari, software e sistemi intelligenti che permettano una gestione più efficiente sia delle risorse energetiche che di quelle produttive. Inoltre, si punta a promuovere anche la formazione del personale, essenziale per supportare le aziende nella gestione e implementazione delle nuove tecnologie.

 

Il ministro Adolfo Urso ha descritto il Piano come un "nuovo strumento di politica industriale", capace di rendere le imprese italiane più competitive su scala globale, in un contesto economico sempre più orientato alla sostenibilità e alla digitalizzazione.

 

Tuttavia, nonostante le grandi opportunità, il percorso verso la Transizione 5.0 si presenta irto di ostacoli, in particolare per le piccole e medie imprese, che spesso mancano delle risorse finanziarie e delle competenze necessarie per affrontare i costi iniziali e la complessità del processo.

 

 

Il primo ostacolo: il complesso contesto normativo

Un nodo sicuramente cruciale per le imprese che si apprestano ad aderire al Piano Transizione 5.0 è la complessità normativa. Il problema più immediato riguarda le diciture sulle fatture già emesse, che devono essere modificate per conformarsi alle nuove regole della Transizione 5.0, così come la gestione delle comunicazioni preventive obbligatorie. Le imprese che non rispettano questi requisiti rischiano di perdere gli incentivi promessi.

 

Inoltre, le imprese che scelgono di aderire a Transizione 5.0 devono affrontare una serie di procedure tecniche, come l’obbligo di dimostrare una riduzione dei consumi energetici del 3% o del 5%, a seconda del tipo di intervento. Questo richiede un livello di organizzazione e pianificazione finanziaria che molte piccole e medie imprese italiane non hanno, creando un gap significativo nell’accesso ai fondi.

 

 

 

Un quadro burocratico che scoraggia l’accesso al credito d’imposta

Il Piano prevede crediti d’imposta fino al 45% per investimenti in beni materiali e immateriali, tra cui macchinari tecnologicamente avanzati e impianti per l’autoproduzione di energia rinnovabile. Tuttavia, l’accesso a questi fondi non è automatico e richiede il rispetto di una serie di criteri stringenti, molti dei quali sono stati solo recentemente chiariti.

Tuttavia resta evidente l’intricata burocrazia che non solo ostacola le imprese, ma rischia di vanificare le potenzialità della Transizione 5.0. Le aziende, infatti, si trovano ad affrontare una serie di regole tecniche e burocratiche spesso complesse e poco chiare, che richiedono conformità a criteri stringenti. Tra questi, la necessità di dimostrare una riduzione effettiva dei consumi energetici e il rispetto del principio del Do No Significant Harm (Dnsh), che obbliga le aziende a garantire che i propri investimenti non arrechino danni significativi all’ambiente. Se da un lato tali requisiti mirano a tutelare gli obiettivi ambientali europei, dall’altro pongono un carico eccessivo sulle imprese, in particolare sulle PMI, che faticano a gestire la complessità di queste normative.

 

Le regole appaiono spesso come una **matassa intricata**, in cui è facile incorrere in errori procedurali che possono compromettere l’accesso agli incentivi. Le imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, non dispongono né delle risorse né delle competenze necessarie per navigare agilmente in questo **labirinto normativo**. La necessità di produrre documentazione dettagliata, ottenere certificazioni specifiche e inviare comunicazioni preventive conformi ai requisiti, rende l’intero processo estenuante e rischioso. Il minimo errore, sia esso burocratico o tecnico, può comportare l’esclusione dal piano di agevolazioni, creando così un **effetto deterrente** per molte realtà imprenditoriali.

 

I chiarimenti normativi forniti dalle autorità, peraltro, non sono stati sufficienti a dissipare le perplessità delle aziende. Le circolari interpretative pubblicate, anziché fornire una guida chiara, hanno spesso aggiunto ulteriore confusione e incertezza, lasciando le imprese in uno stato di limbo normativo. Questo clima incerto genera un rischio concreto: molte imprese potrebbero essere costrette a rinunciare ad investire in innovazione e sostenibilità, non per mancanza di volontà, ma a causa della pesantezza burocratica e della difficoltà di accesso alle risorse finanziarie.

 

Senza un intervento legislativo che renda il quadro normativo più snello e accessibile, il Piano Transizione 5.0 rischia di rimanere un’occasione persa, con ripercussioni negative non solo sulla competitività delle imprese italiane, ma anche sul raggiungimento degli obiettivi nazionali di transizione ecologica e digitale previsti dal PNRR. Un quadro burocratico inefficace potrebbe dunque rallentare la crescita dell’intero sistema produttivo italiano, minando le ambizioni di sostenibilità e innovazione che il Piano si propone di promuovere.

 

Il ruolo cruciale della consulenza specializzata

 

Vista la complessità del processo, è evidente che molte aziende, soprattutto le più piccole, potrebbero non essere in grado di affrontare con successo le sfide senza un adeguato supporto esterno. Un ruolo centrale è dunque giocato dai consulenti specializzati, capaci di guidare le imprese attraverso il complesso quadro normativo e burocratico, ottimizzando al tempo stesso la gestione delle risorse finanziarie.

 

Professionisti come Esperti in Gestione dell’Energia (EGE) ed Energy Service Company (ESCo) sono essenziali per certificare i risparmi energetici raggiunti, mentre la collaborazione con ingegneri e periti industriali è necessaria per la valutazione tecnica dei macchinari 4.0. La consulenza di revisori legali per la

conformità fiscale è altrettanto fondamentale per accedere ai crediti d'imposta. Tuttavia, molte PMI non hanno ancora avviato percorsi significativi di adeguamento, portando in superficie il profondo gap di conoscenza e la scarsa preparazione rispetto ai requisiti richiesti. Secondo un report di CRIBIS, l'8% delle aziende italiane non ha avviato alcun percorso di adeguamento ai criteri ESG, e il 60% delle imprese ha una conoscenza medio-bassa delle agevolazioni disponibili.

 

 

La sfida della preparazione aziendale per il futuro delle nostre imprese nella Transizione 5.0

Quindi, se è vero che il Piano Transizione 5.0 è pensato per traghettare le imprese italiane verso un futuro più sostenibile e tecnologicamente avanzato, è altrettanto vero che la sua attuazione risulta complicata e macchinosa. Il rischio è che le aziende meno preparate o meno informate perdano l’accesso ai finanziamenti, rendendo il Piano meno inclusivo di quanto dovrebbe essere.

 

Il successo della Transizione 5.0 dipenderà in gran parte dalla capacità delle imprese di pianificare strategicamente i propri investimenti e di avvalersi del supporto di esperti in finanza agevolata e certificazione energetica. Solo un approccio integrato e ben strutturato consentirà alle aziende di superare gli ostacoli e di beneficiare appieno delle agevolazioni offerte, contribuendo così a una crescita sostenibile e competitiva.

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